VITTORIO BRAMBILLA, IL GORILLA DI MONZA

La Formula 1 romantica degli anni 70 è piena di carriere incompiute, di promesse non mantenute, di piloti con trionfi inversamente proporzionali alla loro generosità. Sono piloti ai quali le statistiche e i freddi numeri spesso non rendono giustizia a quanto dimostrato in pista con una vettura non sempre adatta al loro talento.
Vittorio Brambilla, soprannominato il Gorilla di Monza, è sicuramente uno di loro. Il brianzolo si avvicina inizialmente alle due ruote, vivendo poi la sua gavetta all'ombra del fratello maggiore Tino, anch'egli pilota; la famiglia infatti non aveva i mezzi per sostentare entrambe le carriere. Nonostante questo, le sue capacità spingono per emergere nelle formule minori, e alla veneranda età di 37 anni arriva finalmente l'occasione della Formula 1 con la March, grazie soprattutto alla sponsorizzazione dell'azienda di utensili Beta. Con la sua iconica vettura arancione, nel 1974 il lombardo non vive particolari exploit riuscendo comunque a conquistare il primo punto iridato al gran premio d'Austria.
Nel 1975 dimostra in più di un'occasione di poter ambire ad importanti risultati nonostante una macchina non competitiva, ma manca sempre una cosa fondamentale: un pizzico di fortuna. A Zolder riesce a condurre la corsa per due giri, restando poi comunque in zona podio fino a circa venti giri dal termine, quando i freni esplodono. Ad Anderstorp invece conquista la sua prima partenza al palo, ma anche in questo caso, dopo essere stato in testa per una quindicina di tornate, deve abbandonare per un problema alla trasmissione.
L'appuntamento con la vittoria sembra stregato, un sogno che sul più bello diventa sempre una chimera. Il 17 agostodel 1975, sul circuito dell'Osterreichring, è in programma il gran premio d'Austria. Una gara che parte in un clima di paura a causa dell'incidente mortale nel warm-up del pilota della Penske Mark Donohue. Inoltre un acquazzone improvviso si abbatte sulla pista incastonata nelle verdi colline della Stiria, facendo ritardare la partenza. Brambilla, abile sotto la pioggia, parte ottavo; Dopo lo start inizia un incredibile rimonta; la sua vettura sembra andare su due binari, una danza che lo porta in vetta al gran premio nell'arco di 18 giri. L'acqua aumenta, ma Vittorio sembra non risentirne, e mentre campioni del calibro di Hunt e Lauda faticano a tenere le proprie auto in pista, l'italiano guadagna terreno, fino a che al giro 29 la gara viene interrotta per le avverse condizioni meteo. Il monzese vince il gran premio, ed è talmente felice che per esultare stacca le mani dal volante, andando a sbattere contro il muretto e danneggiando l'ala anteriore, che negli anni a venire sarà tenuta come un cimelio storico nell'officina di famiglia.
Dopo l'euforia, comincerà la fase calante della sua carriera. Nel 1976, dopo pochi piazzamenti, lascerà polemicamente la March per approdare alla Surtees, e se in Formula 1 i risultati scarseggiano, nella categoria Sport prototipo miete successi a volontà con l'Alfa Romeo. La casa del Biscione, che sta progettando il ritorno in F.1 dopo i successi degli anni 50, da fiducia alle doti di collaudatore dell'alfiere italiano, promettendogli un posto da pilota titolare.
La sorte però si metterà di traverso, e a Monza sarà una delle vittime della collisione multipla che porterà alla morte di Ronnie Peterson. Brambilla riporta una frattura al cranio che gli costerà circa un mese di degenza in ospedale. L'Alfa Romeo lo riporterà in pista in due gare nel 1979 e altrettante nel 1980, senza però risultati. Demotivato e ancora segnato dall'incidente, decide di ritirarsi e di seguire la carriera del figlio nelle formule minori.
Dopo aver schivato la morte in una delle epoche più pericolose dell'automobilismo, sarà un infarto a portarselo via il 26 maggio del 2001. La folla al suo funerale ci dona la testimonianza di quanto fosse amato e ricordato, nonostante i pochi punti conquistati e quella sua unica vittoria sotto al diluvio.
Scritto da Diego Romano
Foto: Repertorio storico