OFFICINA CAIRA E LA SUA MACCHINA DEI RICORDI

OFFICINA CAIRA E LA SUA MACCHINA DEI RICORDI

Dici Belgio e pensi a un luogo iconico, Spa Francorshamps, che ha fatto la storia della F.1. Pensi all'Italia e ti viene in mente passione, ingegno, cura per i dettagli. Amalgamati tutti insieme, questi ingredienti danno origine al sogno diventato realtà di due fratelli belgi ma dal sangue italiano: Silvano e Sebastiano Caira.
 
Sono loro gli artefici di Officina Caira. Il loro parco macchine, oltre ad essere il paradiso per chi ama la F1 di un tempo, può essere visto come un libro dei ricordi da sfogliare dove ogni monoposto, ogni pezzo di carrozzeria, ha una sua impresa da raccontare, dove ogni volante è stato stretto dalle mani di un pilota che ha spremuto un motore al massimo, e il cui piede ha premuto a più non posso sull'acceleratore.  

Passione. E' questo che spinge Silvano ad acquistare la prima auto storica, una Jordan 198 tutta da montare quasi fosse un mobile Ikea. E solo per il puro piacere di guidare una vettura di F1; si sa, come diceva Enzo Ferrari, i sogni sono contagiosi, e a essere travolto da questa botta di entusiasmo è il fratello Sebastiano; i due danno vita così a Officina Caira. Da quel momento è tutto un susseguirsi di traguardi e risultati. Le auto acquistate e rivendute crescono sempre di anno in anno, i rapporti con i team di F.1 sempre più stretti, culminati nel 2019 con la prima partnership di rilievo, con Sauber. Oltre alla compravendita, lo scopo di questa realtà è quella di riportare all'antico splendore opere d'arte su quattro ruote, come restauratori che donano nuova lucentezza a quadri di immenso valore. Negli ultimi anni i fratelli Caira sono presenti con uno stand in alcuni gran premi europei, meta fissa di pellegrinaggio da parte degli appassionati quasi fosse un luogo di culto. Le monoposto sono esposte come fosse un Louvre itinerante del motorsport, aumentando l'attesa dei tifosi di vederle sfrecciare in pista tra una sessione e l'altra del weekend di gara. Quando poi accendono i motori, facendo arrossire le attuali power unit senz'anima e senza rumore, si può assistere ad un turbinio di emozioni: c'è chi si emoziona per quelle vetture che hanno rappresentato i primi ricordi del motorsport, chi perché quella macchina ha un significato particolare e c'è chi, ovviamente più giovane, le guarda con occhi sgranati pensando a quanto avrebbe voluto vedere dal vivo quelle battaglie d'altri tempi.

Nel weekend di Monza di quest'anno Caira si è superato portando in pista, tra le altre, due iconiche Ferrari: la 312 B del 1970 e la 412 T2 del 1995. Seduto sulle tribune, vedo partire la vettura che è stata di Jacky Ickx. Non vedo l'ora che arrivi; chiudo gli occhi e sembra di essere in quel weekend lontano 55 anni. I pantaloni a zampa di elefante, l'arrivo nel parco su una piccola utilitaria e la notte in tenda per cercare il giorno dopo i posti migliori. Ma anche il cuore gonfio di tristezza, perché il giorno prima se n'è andato un mito come Jochen Rindt. Eccola che mi passa davanti. Ripenso a Jacky Ickx, il pilota con la faccia d'angelo che si gioca il mondiale. Parte in pole, ma quel giorno vince il suo compagno di squadra Clay Regazzoni. Sono comunque felice, sventolo le mie bandiere e vado sotto al podio a festeggiarlo. E' solo un quarto d'ora, ma un quarto d'ora pieno di nostalgia che vorrei non finisse mai. Sento il boxer 12 cilindri che mi entra nelle vene e che mi rimane addosso come un profumo.

E il giorno dopo il viaggio è ancora più suggestivo. Questa volto ritorno al 1995. Sono a metà degli anni 90, nelle radio sento echeggiare le note degli 883 e penso che la vita è bella. Sono a Monza, con i miei amici. Non mi manca nulla. Vedo partire la rossa di Jean Alesi; ha vinto un solo gran premio, ma gli voglio bene perché nonostante la Ferrari non vada si batte sempre come un leone. Se il rumore di ieri mi è entrato nelle vene, quello della 412 T2 mi inebria e mi ubriaca, mi da carica e felicità. Chiudo ancora gli occhi e mi ritrovo a sperare una doppietta rossa, Alesi primo e Berger secondo. Di colpo, dalle pupille scendono lacrime amare: la telecamerina che colpisce la sospensione della numero 28; poi più avanti si ritira anche la numero 27, con un cuscinetto rotto. Anche qui il viaggio dura solo 15 minuti ma si sa, quello che conta non è la meta ma quello che si è provato durante il tragitto.
 
Per cui una sola parola: grazie Silvano e Sebastiano per tutti questi ricordi sbloccati nel tempo e arrivederci all'anno prossimo, per altre incredibili storie.

 

Scritto da Diego Romano
Foto: I fratelli Caira foto di Ciancaphoto Studio / Foto della 312B di Ickx presa da motorsport-total.com / Foto della 412 t2 di Alesi presa da Sky sport.it

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