MONZA 1967: L'IMPRESA INCOMPIUTA DI JIM CLARK

Si dice sempre che tre è il numero perfetto. E così concludiamo la nostra trilogia dedicata a Monza con l'ultima portata, quella che rende indimenticabile una cena perfetta. Dulcis in fundo è l'espressione adatta per la prossima storia.
Abbiamo parlato di un gesto cavalleresco d'altri tempi e di una tragica giornata finita male; oggi invece raccontiamo di un'impresa...incompiuta, una cavalcata spezzata sul più bello, una vittoria che avrebbe potuto avere dell'incredibile. Una domenica che avrebbe potuto essere perfetta come altrettanto perfetto è il pilota artefice della rimonta.
Siamo nel 1967. In questa stagione fa la sua comparsa in F.1 il glorioso V8 Ford Cosworth DFV, montato su una delle Lotus più ricordate della scuderia inglese, la 49, che al volante può contare su due campioni del mondo tanto diversi quanto veloci: Graham Hill, che proprio in quell'anno ritorna nella squadra che lo ha lanciato nel circus nel 1958 dopo esserne stato un meccanico, e Jim Clark, lo scozzese volante dal talento puro come l'acqua che scorre in montagna. Dopo un inizio in salita, che ha favorito la fuga delle due Brabham di Denny Hulme, molto più costante e redditizio, e Jack Brabham, la vettura progettata da Colin Chapman arriva finalmente a maturazione, ma ormai è troppo tardi. L'unico obiettivo possibile è la singola vittoria.
A Monza quell'anno dalla pole scatta proprio Jim Clark, e nonostante alla partenza venga superato sia da Gurney che da Brabham, lo scozzese ritorna saldamente in testa dal terzo giro, per poi ingaggiare un'altra lotta con Hulme. Al tredicesimo giro però succede qualcosa: il due volte iridato fora ed è costretto a rientrare ai box per cambiare le gomme. Quando riparte la gara è ormai persa, trovandosi all'ultimo posto e con un giro di distacco dai primi. Tra l'altro in testa si trova il compagno di squadra, che notoriamente è il primo avversario di ciascun pilota. Una situazione che demotiverebbe chiunque, perfino il campione più navigato; che cosa si può più chiedere alla gara brianzola con un ritardo del genere?
La risposta è niente. A meno che tu non ti chiami Jim Clark, e sei il pilota più forte del mondo. L'asso scozzese, dall'alto della sua classe immensa, inizia a girare con un ritmo indiavolato, abbassando sempre di più il proprio giro veloce. Al posto di 4 ruote sembra avere 4 ali, che portano la vettura addirittura a migliorare il tempo della pole. Lo scozzese spinge a più non posso sull'acceleratore, e non solo riesce a sdoppiarsi, ma a 14 giri dal termine si porta a ridosso dei primi tre. Grazie al ritiro del compagno di squadra Clark entra in zona podio. Gli avversari davanti a lui non ci credono, e uno dopo l'altro vengono superati. Prima Surtees e poi Brabham sono vittime della furia del due volte campione del mondo, che incredibilmente passa in testa.
Clark non sbaglia una mossa, la vittoria è sempre più vicina. L'ultimo giro, c'è ancora un ultimo passaggio prima di completare una delle imprese più folli di questo sport. La magia però svanisce, la Lotus arranca proprio sul più bello: uno sfortunato guasto fa sì che lo scozzese volante non riesca più ad utilizzare gli ultimi tre litri rimasti nel serbatoio. E' uno smacco, il pilota viene mestamente sverniciato dagli altri due campioni del mondo che in un gioco incredibile di scie si stanno giocando il gran premio. Mentre Clark avanza verso il traguardo lentamente, Brabham e Surtees arrivano vicini alla staccata della Parabolica; l'australiano tenta l'attacco, ma esce largo, e l'inglese della Honda ne approfitta per involarsi verso la sua ultima affermazione in F.1; dietro di loro Clark riesce quanto meno a salire sul gradino più basso del podio.
E' una delle ultime opere d'arti dell'asso scozzese; il volante usato come pennello che dipinge sulla tela rappresentata da un circuito iconico come Monza. Prima di lasciare il suo pubblico nel punto più bello del suo spettacolo: morirà infatti qualche mese più tardi, nell'Aprile 1968, sul tracciato di Hockenheim lasciando molti tifosi in tutto il mondo orfani del proprio eroe.
Per cui una sola parola: grazie Silvano e Sebastiano per tutti questi ricordi sbloccati nel tempo e arrivederci all'anno prossimo, per altre incredibili storie.
Scritto da Diego Romano
Foto: Repertorio storico