CANADA 1973: LA PRIMA SAFETY CAR NON SI SCORDA MAI

CANADA 1973: LA PRIMA SAFETY CAR NON SI SCORDA MAI

Uno degli strumenti più importanti in materia di sicurezza in possesso della direzione gara per permettere una celere risoluzione di un immediato problema in pista è sicuramente la vettura di sicurezza, la Safety car. Vista da fuori, potrebbe essere una semplice auto sportiva, magari oggetto dei nostri desideri, che si pone davanti al gruppo per compattarlo e permettere ai commissari di spostare una vettura incidentata o pulire la pista da eventuali detriti in totale condizioni di sicurezza; in realtà è molto di più. A partire dal pilota che la guida, l'ormai navigato Bernd Maylander, che ha il compito non solo di domare una belva da centinaia e centinaia di cavalli senza la minima possibilità di errore (ed è successo alcune volte, non durante una corsa di F.1, che la Safety car uscisse di pista), ma soprattutto è tenuto a procedere a una velocità tale da permettere alle monoposto di non far raffreddare troppo le gomme prima della ripartenza della gara normale.

E' sempre stata così efficiente la Safety Car? Ovviamente no, ne è passata di acqua sotto ai ponti per arrivare alla (quasi) perfezione di oggi. Sono scene che ad oggi fanno sorridere, ma chi si ricorda della storica Fiat Tempra 16V che a Interlagos nel 1993 ha riaccompagnato Senna ai box e che oggi, opportunamente restaurata, vale una fortuna? E che dire della ruggente Renault Clio Williams che tiene a bada il gruppo guidato dalla Williams Renault di Damon Hill nel 1996 a Buenos Aires?

Ma soprattutto, com'è cominciato tutto questo? Quand'è stata la prima volta della Safety Car nella storia della F.1? Per rispondere a questa domanda bisogna tornare indietro al 23 settembre del 1973, sul circuito canadese di Mosport, già teatro due anni prima della prima bandiera rossa in assoluto. In materia di sicurezza i tempi sono cambiati, c'è più percezione del problema ma non è ancora del tutto risolto; c'è ancora molto da lavorare, e tante lacune si devono ancora colmare, ma lo spirito è quello giusto. 

La gara parte sul bagnato, con Peterson che mantiene la pole davanti a Scheckter e alla sorprendente BRM di Niki Lauda; il giovincello austriaco dopo tre giri si porta in testa, che mantiene solo fino alla sosta per montare le gomme intermedie. La svolta della gara avviene al giro numero 32, quando la McLaren di Jody Scheckter e la Tyrrell di François Cevert sono protagoniste di una collisione; il francese, nonostante esca zoppicando dall'auto, vorrebbe darle di santa ragione a quell'irruente pilota sudafricano già protagonista di una maxi collisione a Silverstone che ha eliminato almeno una decina di vetture e che ha interrotto la carriera del nostro Andrea de Adamich; per il francese e per il suo dolore alla caviglia si rende necessario l'ingresso di un'ambulanza. Data la pericolosità della situazione l'organizzazione gara, all'epoca diversa per ogni evento, decide di chiamare in pista per la prima volta in assoluto una vettura di sicurezza, in quel caso una Porsche 914

E' l'inizio del caos. La safety car entra senza una logica in pista posizionandosi infatti davanti al pilota sbagliato, ossia Howden Ganley con la BRM, che incredibilmente si trova per caso a condurre la gara. Fittipaldi, per contro, si ritrova da primo a quinto. Quando la vettura rientra, la gara prosegue in un clima surreale; in pratica nessuno ci capisce più nulla, tenendo anche presente della strumentazione alquanto rudimentale in possesso dei cronometristi a quei tempi, rigorosamente manuale. Alla bandiera a scacchi viene dichiarato vincitore l'incredulo Ganley; l'ordine di arrivo viene congelato, e solo dopo molte ore in cui si cerca di ricostruire la corsa passo per passo viene dichiarato vincitore Peter Revson davanti ad Emerson Fittipaldi, che anche lui sostiene di essere il vincitore. Ci sono tanti enigmi riguardante quella corsa dal risultato mai del tutto chiarito. Ci sono i dubbi sorpassi di Jackie Oliver, terzo al traguardo, in regime di safety car. C'è chi ipotizza che Arturo Merzario, con una Ferrari senza musetto, abbia addirittura percorso un giro in più. Situazioni grottesche, ad oggi impensabili, ma che ci fanno ricordare il gusto di una F.1 più umana e di conseguenza non infallibile.

 
Non proprio un inizio da ricordare. Ma d'altronde, come per tutte le cose, da qualche parte bisogna pur cominciare.

Scritto da Diego Romano
Foto: Repertorio storico

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