MAURO FORGHIERI, STORIA DI UN GRANDE INGEGNERE

MAURO FORGHIERI, STORIA DI UN GRANDE INGEGNERE

Di solito la storia della Formula 1 la fanno i piloti e loro imprese, che rimangono impresse e sopravvivono al passare del tempo grazie alle cronache dell'epoca e alle fotografie, talvolta in bianco e nero, che immortalano per sempre un momento indimenticabile. Spesso ci si dimentica, o più semplicemente non ci si pensa, che dietro a grandi campioni ci sono grandi monoposto, capolavori di tecnica che escono dalla mente e dalle matite di altrettanto grandi uomini. Ed oggi ricordiamo uno di loro, uno che con le sue idee e intuizioni ha reso vincente la scuderia più famosa del mondo, contribuendo ad alimentare il suo mito e ad arricchirne la preziosa bacheca. Oggi parliamo di Mauro Forghieri.

Furia, soprannome che gli viene affibbiato fin da ragazzo quando praticava basket, respira la passione per la Ferrari fin da giovane, quando il padre entra nel reparto corse della giovane fabbrica di Maranello, facendolo poi assumere come neolaureato ingegnere nel 1959 insieme ad un altro giovane di belle speranze, Giampaolo Dallara. Forghieri riesce a fare carriera molto velocemente e nel 1962, grazie anche al terremoto dirigenziale avvenuto qualche mese prima in virtù del quale Ferrari si priva dell'intera dirigenza della squadra corse, diventa responsabile del reparto tecnico. Tempo due anni e conquista il suo primo titolo iridato con John Surtees nel concitato gran premio del Messico del 1964, in uno dei finali più thrilling di tutta la storia.

Nessuno immagina che quel momento di gioia inatteso sarebbe stato preludio di un digiuno lungo undici anni. Undici anni nei quali l'ingegnere italiano sforna idee rivoluzionarie che però sulla pista non si traducono nei risultati sperati. Con la nuova formula 3 litri introdotta nel 1966, ha inizio la lunga serie dei modelli marchiati 312 caratterizzati dal motore 3 litri a 12 cilindri. Nel 1968 a partire dal gran premio del Belgio, la Ferrari è la prima monoposto a sperimentare i primi rudimentali alettoni, seguita a ruota poi da tutte le altre squadre. E' la volta poi nel 1970 della 312 B, dotata di propulsore 12 cilindri piatto. Il nome però non deve trarre in inganno: B non sta per boxer, frazionamento pur sempre con le bancate a 180 gradi ma con diverso movimento dei pistoni, ma come evoluzione del modello nato quattro anni prima.

Dopo una pausa di tre stagioni, nelle quali le successive B2 e B3 promettono tanto e mantengono pochissimo, il nome di Forghieri ritorna nel 1974 nella rivoluzionata squadra corse Ferrari: la rossa infatti decide di concentrare le proprie risorse solo sulla F.1, mentre a fianco di nomi più che collaudati vengono affiancati giovani pieni di entusiasmo e talento come Luca Cordero di Montezemolo e Niki Lauda. Dopo la delusione di Watkins Glen, l'ingegnere modenese compie il suo più grande capolavoro. Talmente grande, che darà origine alla serie più famosa e longeva della scuderia di Maranello. il 1975 è l'anno della 312 T, che monta per la prima volta nella storia il cambio montato in posizione trasversale.

La T e la T2 legheranno il loro nome, nel bene e nel male, al campione austriaco Niki Lauda, e dopo un anno di pausa nel quale la T3 è seconda solo alle Lotus 79 a effetto suolo, la T4 regala l'ultimo mondiale festeggiato da Enzo Ferrari con Jody Scheckter. La T5 non è all'altezza delle sue progenitrici, ma Forgheri è già al lavoro per una nuova sfida; sotto la sua direzione la Ferrari affronta l'epocale passaggio dalla motorizzazione atmosferica al sovralimentato. E' un passaggio non facile, delicato per certi versi, ma inevitabile nel panorama tecnico dell'epoca. Dopo un 1981 di rodaggio, condito da due insperate vittorie di Villeneuve, il 1982 sembrava l'anno buono. La 126 C2 si arrende solo ai lutti e ai drammi che colpiscono Maranello in quell'anno. Lotte interne alla gestione sportiva e una riorganizzazione della squadra di stampo FIAT determinano l'abbandono dell'ingegnere alla sfera sportiva nel 1984, mentre l'addio all'universo Ferrari si concretizza nel 1987.

Lo aspettano due importanti avventure: quella alla Lamborghini, per la quale progetta nel 1989 un V12 aspirato che debutta quell'anno in F.1 e una vettura che corre nel 1991 con le insegne della scuderia Modena, e quella alla Bugatti nel 1994. Furia ci lascia il 2 novembre 2022, e la sua morte lascia un vuoto incolmabile non solo nel panorama ingegneristico italiano, che negli anni ha fatto fatica a sfornare menti dalle idee vincenti, ma anche dal punto di vista del patrimonio storico di questo sport. I suoi aneddoti e le confidenze raccontate alle fortunate persone che hanno avuto il privilegio di conoscerlo personalmente assumono un valore inestimabile, sicuramente non paragonabile alle mezze verità di facciata che si leggono ormai oggi dappertutto. Un motivo in più per non disperdere la sua memoria e il suo ricordo anche se a questo ci pensano sicuramente i veri appassionati, ma soprattutto le sue macchine e i loro numerosi trionfi.

Scritto da Diego Romano
Foto: Repertorio storico

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