IL PARCO MACCHINE DI CAIRA PT.3 - LA JORDAN EJ10

IL PARCO MACCHINE DI CAIRA PT.3 - LA JORDAN EJ10

Nel parlare ancora una volta dell'ampio parco macchine di Officina Caira, quest'oggi ricordiamo un iconico personaggio della F.1 che ci ha lasciati nel marzo di quest'anno, l'irlandese Eddie Jordan.

La sua scalata all'élite dell'automobilismo parte dal basso, come nelle migliori storie romantiche ambientate nel motorsport degli anni 80. Dopo essere stato un discreto pilota nelle formule minori ed essersi aggiudicato un titolo nazionale di kart, Eddie capisce che la sua strada è dall'altra parte del box, non tra le quattro ruote sdraiato a impugnare un volante ma seduto sui presunti comodi sgabelli del muretto box davanti a un monitor a impartire ordini ai propri piloti. 

Nel 1979 fonda così la Eddie Jordan racing, che fino al 1987 si iscrive a campionati minori come Formula Ford e Formula 3 britannica, sfiorando più volte il titolo come quello 1983 quando il suo pilota Martin Brundle contende fino all'ultimo il campionato contro un pilota brasiliano che di lì a poco avrebbe riscritto la storia della F.1, Ayrton Senna. Il primo successo di rilievo arriva nel 1987 grazie a Johnny Herbert; il successo su un uomo può avere di solito due conseguenze: o lo porta a sedersi pericolosamente sugli allori o lo porta a sognare nuovi successi più grandi. Il manager irlandese sceglie la seconda via, più difficile certo, ma molto più ambiziosa. L'asticella si sposta così sul campionato europeo di F.3000 nel 1988, e il team ci impiega un anno soltanto per vincere con un giovane Alesi il campionato.

La nuova categoria, dopo solo un anno, inizia a stare stretta alla lungimiranza di Eddie, che pensa così al grande salto, la Formula 1. A fine 1990 viene inoltrata la domanda, che viene accettata, decidendo di cambiare nome in Jordan Grand Prix. Il sogno è cominciato. Da grandi sogni però derivano anche problemi più grandi ai quali far fronte, ma la differenza la si fa con l'approccio giusto. Per costruirsi internamente il telaio, il capo della nuova scuderia fa ergere uno stabilimento di circa 48000 mq nei pressi di Silverstone.

Il resto è storia: nel 1991 il debutto in F.1 con Andrea de Cesaris e Bertrand Gachot. Poi, quando il belga decide di improvvisarsi boxeur contro un tassista londinese, in sua sostituzione arriva un giovanotto tedesco sponsorizzato dalla Mercedes che pur di correre arriva a dire di conoscere la pista di Spa a memoria. La vettura verde accoglie al suo interno quello che diverrà uno dei piloti più forti di sempre, Michael Schumacher. Jordan inizia a diventare famoso del paddock come una delle personalità più particolari, a tratti bizzarro e sempre col sorriso. Manca però una cosa importante, la vittoria. La prima affermazione arriva nel 1998, con Damon Hill, mentre nel 1999 con Heinz Harald Frentzen arriva a giocarsi il mondiale fino alla gara di Sepang, anche se la corsa all'iride viene pesantemente condizionata dal ritiro al gran premio d'Europa, nella gara ormai diventata da anni cavallo di battaglia e slogan tormentoso di youtubers sbandierato in ogni dove sui social.

Dopo essere arrivati a un passo dalla lotta per un mondiale, l'ottimismo verso la stagione successiva è quasi naturale. Lo pensa anche Jarno Trulli, giovane italiano in rampa di lancio che arriva alla Jordan convinto di giocarsi le sue chance. Per questo obiettivo viene progettata da Mike Gascoyne la vera protagonista del nostro racconto, la EJ10, realizzata con telaio in fibra di carbonio e spinta da un V10 Mugen Honda MF-301HE, con cambio a sei rapporti. Purtroppo né il nostro portacolori, né l'esperto Frentzen, vivranno una stagione molto fortunata. L'affidabilità non è di certo il vanto della vettura, come testimoniano i guasti del tedesco a Melbourne e dell'italiano a Monaco dopo un'incredibile prima fila nelle qualifiche, e la EJ10 conclude il mondiale costruttori al sesto posto, con un terzo posto di Frentzen a Indianapolis come miglior risultato.

La squadra di Eddie andrà avanti fino al 2005, regalando agli appassionati di storia delle livree color giallo da urlo, come il serpente sulla 197, gli insetti dei modelli costruiti dal 1998 al 2000 fino allo squalo dipinto sulla EJ11 del 2001. Chiaro esempio che, per entrare nei ricordi dei tifosi, certe volte basta creatività e ambizione. E di queste doti Eddie Jordan ne aveva da vendere.


Scritto da Diego Romano
Foto: Repertorio storico, officina Caira

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