BRABHAM BT46B: LA METEORA CON IL VENTILATORE

Quando Colin Chapman si affaccia alla F.1 alla fine degli anni 50, è una sorta di piccolo Davide contro i Golia rappresentati dalle grandi case automobilistiche, che riversano nello sport del motore le loro innumerevoli risorse e conoscenze. In un mondo di squali, i piccoli pesci per crescere e sopravvivere devono ingegnarsi, sopperire alle mancanze con i limitati mezzi a disposizione. E' con questi presupposti che gli assemblatori inglesi, i garagisti d'Oltremanica, iniziano a sbizzarrirsi per colmare il gap motoristico con l'aerodinamica, materia sconosciuta nel motorsport degli albori. Chi svetta tra tutti è il patron della Lotus, che dopo la prima vettura monoscocca degli anni 60, a fine anni 70 introduce per la prima volta nel circus il concetto di effetto suolo. L'aria veniva convogliata verso il fondo vettura, sigillata tramite delle bandelle in plastica, le famose minigonne, assicurando elevati valori di deportanza e, praticamente, incollando le vetture all'asfalto.
Il tutto viene messo in pratica con la Lotus 79, che debutta al gran premio del Belgio del 1978, vincendo a mani basse con Mario Andretti, alimentando i presupposti di un mondiale ormai a una direzione unica. Parte così la sfida per cercare una soluzione simile per limitare i danni. Chi sembra riuscirci è l'istrionico progettista Gordon Murray, in forze alla Brabham, che prendendo spunto da un'idea della Chapparal, applica alla BT46 un ventilatore al posteriore il cui perno, come spiegava all'epoca l'allora capomeccanico di Lauda Ermanno Cuoghi, nasceva da un prolungamento dell'albero primario del cambio. L'effetto sigillo veniva poi assicurato da un cuscino di kevlar aderente al suolo che con la velocità si gonfiava e garantiva tenuta. Non potendo per regolamento montare un dispositivo mobile con effetto aerodinamico, si dichiara che la ventola ha funzione di raffreddamento per un radiatore posto appositamente sopra al motore.
La trovata è riuscita. Talmente riuscita da far paura. Sempre Ermanno Cuoghi dichiara che tanto è il risucchio della ventola che, appena accesa, l'auto si abbassa e tocca terra da ferma. Per non farla distruggere nelle spanciate vengono cambiate le molle, sostituendo quelle da 1000 libbre con quelle da 3000; per non dare nell'occhio i giri di qualifica vengono effettuati con gomme di legno e il pieno di benzina, con l'austriaco campione del mondo in carica che scatta secondo e Watson subito dietro.
Al via Mario Andretti e Niki Lauda fanno il vuoto dietro di loro; se il team di Bernie Ecclestone nella prima parte di stagione mostrava difficoltà, sul tracciato scandinavo tiene senza problemi il passo della nera e oro wing car. La svolta avviene al giro 39, quando l'italoamericano della Lotus scivola su una chiazza d'olio lasciata dalla Tyrrell di Didier Pironi, lasciando campo libero ad una Brabham che sembra andare su due binari. Piedone rompe il motore qualche passaggio dopo, mentre il due volte campione del mondo con la Ferrari si avvia verso quella che dichiarerà essere una delle vittorie più facili della sua carriera.
Neanche il tempo di festeggiare, che alcuni team presentato ricorsi, i quali rendono incerto per almeno una settimana il risultato della corsa. Per assurdo alla Brabham viene concesso di correre altri tre gran premi con il ventilatore della discordia; sarà poi la stessa scuderia inglese che rinuncerà, portando come motivazione la pericolosità per la sabbia e la ghiaia sparata ad alta velocità verso chi seguiva.
Cala così il sipario su uno degli esperimenti più fantasiosi di tutta la storia tecnica della F.1, con quel mondiale 1978 che prenderà la strada di Hethel per l'ultima volta, mentre per la Brabham la consolazione di aver regalato agli appassionati di storia uno dei modelli più iconici di tutto il motorsport.
Scritto da Diego Romano
Foto: Repertorio storico