JUAN MANUEL FANGIO E LA SUA VITTORIA PIÙ LEGGENDARIA

Questa settimana il nastro da riavvolgere è piuttosto lungo, perché vi porteremo fino agli albori dell'automobilismo, in un'epoca fatta di eroi che guidavano ruderi senza alcuna condizione di sicurezza, di duelli sempre leali e gesti cavallereschi ad oggi impensabili.
Ed è in questo contesto che si compie la prima vera leggenda dell'automobilismo, quella di Juan Manuel Fangio, quello che da tutti era considerato il Maestro, per quel suo stile inconfondibile di guida e per la sua tempra d'acciaio con la quale riusciva a portare le sue vetture a limiti che non tutti erano in grado di raggiungere; forse è anche per questo che ha conquistato 5 titoli mondiali, un record rimasto imbattuto per 45 anni e superato da un'altra figura storica dei motori, Michael Schumacher.
L'argentino è transitato per primo sotto alla bandiera a scacchi per ben 24 volte in 51 partecipazioni, vale a dire il 47% delle volte in cui l'asso è sceso in pista a calcare asfalti che al giorno d'oggi sarebbero un insulto alle norme più elementari in materia di sicurezza. Eppure ce n'è una entrata di diritto nella storia della F.1, il suo capolavoro finale, il compimento di una leggenda che rende l'idea solo se narrata da chi ha avuto la fortuna di assistervi, che non nei numerosi video in bianco e nero dell'epoca.
Siamo sul tracciato del Nurburgring, il 4 agosto 1957, uno dei circuiti più epici e pericolosi di tutto il panorama delle corse. Fangio quell'anno, dopo l'addio alla Ferrari, corre con l'acerrima rivale della rossa, la Maserati, con la quale si sta avvicinando piano piano alla conquista del quinto alloro. Il Maestro nelle prove ufficiali fa segnare la pole position, con un tempo più veloce di tre secondi (su una pista di circa 22 km) di Mike Hawthorn, che scatta al suo fianco. L'argentino, forte del suo acume tattico, nota che entrambe le Ferrari partiranno con il pieno di carburante, che servirà loro per correre tutto il gran premio senza soste; la strategia è dunque semplice e chiara: imbarcare poca benzina, fare la lepre e accumulare abbastanza margine per rimanere in testa alla corsa dopo il pit stop.
Alla partenza lo scatto non è dei più felici, ma con l'auto più leggera Fangio impiega tre giri per avere ragione delle due vetture di Maranello, e con pista libera davanti inizia a mettere in pratica la sua strategia; la fermata per rifornimento e cambio gomme avviene al giro numero 11, ma succede qualcosa. Un intoppo durante il cambio gomme, in un'epoca dove gli pneumatici venivano montati a colpi di martello e non con le pistole di oggi, fa perdere al campione circa 48 secondi. Il pluri iridato non si perde d'animo, e comincia una sfida contro se stesso e contro il cronometro che avrà risvolti epici. Le due Ferrari di Hawthorn e Collins là davanti nemmeno si immaginano che dietro di loro l'argentino sta mettendo le ali alla sua Maserati, recuperando incredibilmente giro dopo giro e abbassando ad ogni passaggio il giro più veloce. Il Maestro getta il cuore oltre l'ostacolo, ogni curva viene aggredita con l'intento di guadagnare secondi su secondi, l'acceleratore schiacciato a più non posso. A due giri dal termine i due avversari vengono messi nel mirino, e poi superati uno dopo l'altro: Collins in un tratto dove a malapena passano due auto, mentre Hawthorn viene sverniciato in una curva a sinistra, con il sudamericano che mette perfino due ruote sull'erba; ma quel giorno la vittoria era da conquistare a tutti i costi. La sinfonia si compie senza stonature fino alla bandiera a scacchi, giungendo con tre secondi di vantaggio su Hawthorn e ben 35 su Collins.
La folla in visibilio porta Fangio in trionfo, anche perché è in quell'occasione che vince il quinto titolo iridato; a fine gara dichiarerà: " non ho mai corso così velocemente in tutta la mia vita, e penso che non sarò mai più in grado di farlo". Come ogni campione che si rispetti, dentro di se sente quando è il momento di dire basta: sarà infatti questo il suo canto del cigno, prima di abbandonare per sempre la F.1 l'anno successivo e guardare tutti i campioni futuri dall'alto dei suoi 5 titoli mondiali.
Scritto da Diego Romano
Foto: Repertorio storico